Mafia, la relazione della Dia guarda soprattutto ai processi “Geenna” e “Altanum”

Diffuso il rapporto al Parlamento, relativo al primo semestre 2022, della Direzione Investigativa Antimafia, sui risultati nel contrasto alla criminalità organizzata. 260, nel periodo di riferimento in Valle, le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette.
Cronaca

Ruota, pressoché integralmente, attorno ai processi nati dalle operazioni sulla criminalità organizzata “Geenna” e “Altanum” (del 2019), ma anche Alibante (del 2021), il capitolo dedicato alla Valle d’Aosta della relazione semestrale al Parlamento della Direzione Investigativa Antimafia. Essendo relativo al primo semestre 2022, però, il documento propone – in parte – dati superati dal corso successivo dei procedimenti.

“Geenna” e il ritorno in Appello

Se per “Geenna”, la Dia richiama infatti la conferma – nella sentenza d’Appello, con le motivazioni depositate nel gennaio 2022 – dell’esistenza di una “locale” in Valle d’Aosta, è altresì vero che la Corte di Cassazione, all’esito dell’udienza dello scorso 24 gennaio, non ha ribadito tale pronunciamento, annullando le condanne per quattro imputati del rito ordinario e stabilendo il rinvio ad un nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Torino.

Le motivazioni della riforma della sentenza di secondo grado, ad oggi, non risultano ancora essere state depositate (e agli imputati sono state revocate, nel mentre, le misure cautelari). Tra pochi giorni, ll prossimo 20 aprile, inoltre, è in calendario l’udienza alla Suprema Corte per i condannati nel rito abbreviato, in cui compariranno sia quattro presunti appartenenti alla “locale” aostana, nonché altre persone chiamate a rispondere di reati emersi durante l’inchiesta dei Carabinieri, coordinata dalla Dda di Torino.

“Altanum”, il “duro colpo” ai clan

Relativamente ad “Altanum”, la semestrale ricorda la sentenza d’appello del 4 maggio 2022. “Sul conto delle storiche famiglie Facchineri, Albanese, Raso, Gullace di Cittanova – si legge – l’azione di contrasto sul piano investigativo e processuale ha permesso di infliggere un duro colpo alla leadership del gruppo”. Viene sottolineato al riguardo che, in secondo grado, la Corte d’Appello di Reggio Calabria “ha emesso tre condanne e due assoluzioni a carico di altrettanti esponenti della cosca Facchineri di Cittanova (Rc), irrogando oltre 33 anni di reclusione”.

Elementi anche da “Alibante”

La Direzione Investigativa Antimafia segnala, poi, che “ulteriori elementi circa la presenza nel territorio valdostano di consorterie ’ndranghetiste erano già emersi dagli esiti dell’operazione ‘Alibante’ (2021), riguardante l’operatività in Val d’Aosta della cosca Bagalà, il cui procedimento è attualmente in corso a Catanzaro”. Tra gli imputati, entrambi accusati di associazione di tipo mafioso, vi sono l’avvocatessa aostana Maria Rita Bagalà e il marito, l’avvocato Andrea Giunti.

‘ndrangheta abile a rigenerarsi

In termini complessivi, la Dia annota che “pur seriamente colpita con numerosi arresti e condanne, la criminalità calabrese continua a mantenere significativo il proprio potere, dimostrando grande dinamismo e assoluta capacità di rigenerarsi permettendo così l’affermazione di leader di nuova generazione”. Gli ambienti criminali in cui “opera la ‘ndrangheta in Piemonte e Valle d’Aosta afferiscono al traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni e all’usura, nonché alle truffe”.

Crimine straniero, ma non organizzato

Per quanto attiene poi alla criminalità di matrice straniera, alla Direzione Investigativa Antimafia “non risultano consorterie strutturate ma sono presenti gruppi di etnia albanese ed africana che operano prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nella commissione di reati contro il patrimonio”. Un accenno specifico è dedicato al fatto che “le organizzazioni criminali albanesi, nei circuiti del narcotraffico internazionale, rivestono un ruolo sempre più centrale”.

Tra le varie operazioni da cui è tratto questo giudizio, la relazione riprende “Illyricum” della Squadra Mobile della Questura di Aosta, “che ha messo in luce il ruolo della criminalità albanese, nella gestione del traffico di cocaina in Valle d’Aosta, sebbene in forma non organizzata”. Il documento dà conto, infine, di 260 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette in Valle d’Aosta: 99 direttamente attinenti alla criminalità organizzata e 161 per “reati spia” del fenomeno mafioso (come l’usura, l’estorsione e il danneggiamento seguito da incendio).

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