Il “trenino” della Valdigne, dieci anni dopo il suo ultimo viaggio, continua a vivere nei racconti di chi lo ha preso ogni giorno. Non era solo un mezzo di trasporto: era un’infrastruttura all’avanguardia, capace di affrontare 400 metri di dislivello e di farsi strada lungo l’alta Valle anche negli inverni più nevosi di un tempo. Per molti è stato sicurezza, salotto, luogo di ritrovo. Per tutti, soprattutto per chi non aveva l’auto, era sinonimo di libertà.
I suoi orari e il suo rumore erano diventati i suoni che scandivano la vita nei paesi. “Quando ero ragazzo – racconta Barmaz – abitavo a Villeneuve e i miei nonni stavano in una delle casette ferroviarie a tre metri dalla ferrovia. Per me il rumore, le vibrazioni che facevano tremare la casa erano diventati normali e quando sono finiti hanno portato un silenzio che mi ricorda sempre che ormai questo è un ramo secco della ferrovia”.
Il treno non era solo un servizio: era una parte della memoria collettiva del paese. Pascal lo ricorda con un episodio personale: “Quando eravamo ragazzi scendevamo dalla frazione fino alla stazione, d’inverno, in mezzo alla neve. Il capostazione ci accoglieva e accendeva la stufa a carbone mentre aspettavamo il treno. Ora sembra una storia dell’Ottocento ma non è passato così tanto tempo”.
Una storia lunga quasi un secolo
di Luca Ventrice
Alla vigilia di Natale saranno dieci anni. Dieci anni tondi dalla chiusura della tratta ferroviaria Aosta-Pré-Saint-Didier, che verso il finire del 2015 ha visto partire ed arrivare il suo ultimo viaggio.
Nel mezzo, annunci, progetti e idee rimasti sempre sulla carta, per una linea carica di storia che, oggi, sembra ormai dimenticata. Almeno, lo sembra da un punto di vista concreto, perché le parole sprecate sul tema sono state sempre molte. Forse troppe.

La tratta Aosta-Pré-Saint-Didier è stata inaugurata ufficialmente, dopo neanche due anni di lavori, il 28 ottobre 1929, giorno del settimo anniversario della Marcia su Roma. L’apertura ufficiale, invece, è del 24 luglio 1930.
30 milioni di lire, dei 38 previsti per la sua realizzazione, arrivavano – anticipati – dalle casse dello Stato. Il resto erano soldi della concessionaria della linea, quella società anonima nazionale Cogne che la gestirà fino al 1931, quando cioè la guida passerà in mano alle Ferrovie dello Stato. Lo scopo iniziale era semplice: sfruttare il bacino di antracite di La Thuile. Da un lato la ferrovia si collegava direttamente, infatti, all’acciaieria di Aosta. Dall’altro alla teleferica Morgex-Arpy e alla ferrovia mineraria La Thuile-Arpy.
Il dato interessante – soprattutto in questo momento storico, nel pieno dei lavori di elettrificazione della Aosta-Ivrea, con l’obiettivo di riaprire a dicembre 2026 –, è il fatto che la linea Aosta-Pré-Saint-Didier fosse stata completamente elettrificata, alimentata dalla centrale di Avise, fino al 1968. Quando, cioè, si è passati a locomotori a trazione diesel.
Il servizio passeggeri è nato con la linea stessa con la realizzazione, nel 1930, di quattro carrozze a carrelli di terza classe.
Il periodo d’oro della linea è stato vissuto negli anni ’40 per proseguire nel decennio successivo. Con un impulso ulteriore dato dalla costruzione della diga di Valgrisenche, finita nel 1954, per il trasporto del cemento da Avise. Viaggi che pesano sui locomotori elettrici, spesso aiutati da locomotive a vapore. E l’idea di de-elettrificare non è più solo un’idea.
Negli anni ’60, cambia il paradigma: il traffico commerciale cala dopo il ridimensionamento del 1961 e poi la chiusura, nel 1966, delle miniere di La Thuile. A questo si aggiunge uno dei “simboli” di quegli anni italiani: il boom dell’automobile e lo sviluppo più massiccio del trasporto pubblico locale, che rendevano il viaggio in Valdigne più rapido nei tempi di percorrenza che, in treno, si assestavano sui 60/70 minuti per la salita ed i 50 per la discesa.

Il tentativo di rilancio, anche con collegamenti diretti da Torino e Roma (questo sparirà poi nel 1978) non risollevano le sorti della linea, anche per gli investimenti che, per lungo tempo, vengono meno. Sfangati gli anni ’80, che hanno visto chiudere tante linee nel Paese, gli agognati investimenti arrivano nel decennio successivo e nel biennio 1991/1992 si vedranno la messa in sicurezza della tratta, l’automazione dei passaggi a livello, l’installazione dei segnali di protezione per i pericoli di caduta massi, il consolidamento di alcune parti della linea e delle gallerie.
In questo periodo – nel 1990 spaccato – si passa ad un esercizio ferroviario a spola fino ad Aosta, con l’eliminazione dei binari di incrocio in tutte le stazioni tranne che in quelle di Arvier e Pré-Saint-Didier. Il che significa che a circolare, prima in un senso poi in quello opposto, è sempre lo stesso treno.
Arriviamo così all’autunno del 2015, quando Rete ferroviaria italiana spa spiega alla Regione che serve una sospensione del servizio di sei mesi per una serie di interventi improrogabili di manutenzione straordinaria alle rotaie e alle traversine. Invece dei 10 milioni stimati, però, ne sarebbero serviti 20. E si preferiscono investire nella tratta Aosta-Chivasso. Dopo le voci della chiusura la certezza arriva dall’allora assessore ai Trasporti pubblici Aurelio Marguerettaz: dal 24 dicembre la linea viene sospesa.
Il motivo è doppio: troppo pochi i viaggiatori e troppo alti i costi di manutenzione, che cubano a circa 15 milioni di euro a carico di Rfi. Una chiusura temporanea che, come spesso avviene in Italia, in poco tempo prende assume sempre più i contorni di una chiusura definitiva. Lasciando solo il tempo di un ultimo viaggio.
Qualche numero
di Luca Ventrice
La linea è lunga 31,369 chilometri, 22 all’aperto e ben nove in galleria. Molte le fermate intermedie, aumentate di numero con il tempo, oltre i capolinea di Aosta e Pré-Saint-Didier: Aosta Istituto, Aosta Viale Europa (queste due attivate solo nel 2002), Sarre, Saint-Pierre, Villeneuve, Arvier, Avise, Derby, La Salle e Morgex. Il dislivello complessivo è di 431 metri.
La ferrovia attraversa quattro volte la Dora Baltea e conta 22 gallerie di diversa lunghezza, fino ad un massimo 1.297 metri ed un minimo di ottanta.

Un riferimento interessante, però, si trova lontano dai binari. E precisamente ad Introd, nella cinquecentesca “cascina L’Ola”, situata accanto al castello, un tempo scuderia, stalla e pagliaio dei Signori d’Introd. L’antica costruzione rurale, in legno e muratura, è stata infatti la “base” che ha ispirato le ultime stazioni della tratta in alta Valle, emblema individuato dello “stile valdostano”.

I perché di una chiusura
“Troppo pochi i viaggiatori e troppo alti i costi di manutenzione” basta ma fino ad un certo punto. Dati più precisi arrivano dal Consiglio regionale del 2 dicembre 2015, ventidue giorni prima della chiusura.
“Non vedrete da nessuna parte una nostra dichiarazione draconiana dove diciamo che l’Aosta-Pré-Saint-Didier va chiusa – diceva in aula l’allora assessore ai Trasporti Aurelio Marguerettaz –. Abbiamo sicuramente un problema di prospettiva, questo sì. Possiamo spendere 15 milioni di euro sull’Aosta-Pré-Saint-Didier, immaginando che finiti i lavori, nel giro di qualche anno, bisognerà farne di ulteriori e assorbire delle risorse, senza prima fare un ragionamento e senza una prospettiva? É un progetto complesso e ci sembra di sprecare delle risorse, come abbiamo avuto modo di dire, ma non in termini provocatori”.
Poi, i numeri: “Avendo mediamente 300 passeggeri al giorno, lo scrive Trenitalia: 300-350 al giorno, e, a seconda della quantificazione, spendendo dai 3 ai 4 milioni, vuol dire che ogni utente costa 10mila euro all’anno”. Ma anche una dichiarazione – più che altro un’iperbole dell’Assessore – rivolta alla consigliera di Alpe, e oggi vicepresidente della stessa Union Valdôtaine, Patrizia Morelli, passata agli annali: “Ogni anno potremmo regalare una Panda, un pandino – metta lei gli accessori, se sono tanti, se son pochi – a ogni utente che utilizza questa tratta”.

Le parole di Morelli in replica, oggi, hanno un gusto amaro: “La nostra preoccupazione, che non è solo nostra ma anche di tanti cittadini, dei sindacati, di alcuni sindaci, è che la sospensione del servizio, che può anche essere sensata, corrisponda poi ad un abbandono definitivo”.
Due settimane dopo, il 16 dicembre 2015, il Consiglio torna sul tema. L’oggi assessore ai Trasporti Luigi Bertschy, all’epoca in Uvp, chiedeva all’allora assessore ai Trasporti Marguerettaz lumi sul “costo a passeggero nel trasporto sostitutivo su gomma riguardante la tratta ferroviaria Aosta-Pré-Saint-Didier.
Marguerettaz spiegava che “il contratto di servizio che legava lo Stato con Trenitalia è quello sottoscritto per le annualità 2004/2005. In quel contratto il costo è di 9,13 euro al chilometro, IVA compresa. In realtà, Trenitalia nella corrispondenza chiede di pagare un importo decisamente più elevato. Se facciamo la divisione tra il corrispettivo richiesto di 26 milioni e i chilometri l’importo che ci chiede a chilometro è 14,71 euro, il che porta – sulla tratta Aosta/Pré-Saint-Didier, considerati i 274mila chilometri annui percorsi dalle 12 coppie di treni – una forbice che varia da 2 milioni e mezzo a 4 milioni e 40mila. Se noi dividiamo questo importo per 350 passeggeri giornalieri abbiamo una forbice che è compresa dai 7mila e 168 euro a 11mila e 540; ecco perché abbiamo dato come cifra indicativa una cifra mediana di circa 10mila euro a utente. In realtà – in questi giorni stiamo facendo delle rilevazioni – 350 utenti probabilmente sono esagerati. Il treno più utilizzato è quello delle 6,20 del mattino e nella giornata di lunedì, quella con il maggior numero di utenti, c’erano 111 utenti. Le altre corse hanno 3, 4, 5, 10 utenti, per cui 350 è un dato molto generoso, e quindi ecco il calcolo che è stato fatto”.
Diverso per il trasporto con i pullman: “Mentre per il trasporto ferroviario non sappiamo quale sarà effettivamente il costo che oscilla dai 9 ai 14 euro, il costo a chilometro con l’autobus è assolutamente definito: sono 2,04 euro a chilometro – diceva sempre l’Assessore –. Quindi, facendo esattamente gli stessi chilometri, ma non sono gli stessi perché sulla strada i chilometri sono diversi, sono leggermente in più, il costo complessivo sarebbe di 600 mila euro”.
Vicina al Monte Bianco, mai ai suoi piedi
di Luca Ventrice

Negli anni – e nei progetti che in questo decennio hanno continuato a rincorrersi, restando spesso lettera morta o poco più e dei quali entreremo nel dettaglio lungo questo dossier – il tema è stato sempre ben presente: la necessità, in caso di riapertura, di superare Pré-Saint-Didier per arrivare, in qualche modo, fino a Courmayeur.
Domanda che tutti si sono posti: perché non si è mai pensato al comune ai piedi del Bianco come capolinea? La risposta è duplice e, in realtà, piuttosto semplice.
Da un lato, la ferrovia è nata per un uso squisitamente industriale, per assolvere al ruolo di perenne viaggio tra l’acciaieria di Aosta e l’aggancio con la teleferica Morgex-Arpy e la tratta mineraria La Thuile-Arpy.
L’altro motivo ce lo ricorda il sito ufficiale del turismo regionale LoveVdA: “La ferrovia Aosta/Pré-Saint-Didier, nata nel 1929 con scopi industriali, non fu allora prolungata fino a Courmayeur poiché lo sviluppo turistico di quest’ultima avvenne successivamente. Pré-Saint-Didier era, a quei tempi, una rinomata località termale, e si trovava inoltre ai piedi della strada che conduceva al Piccolo San Bernardo, unico passaggio, allora, verso la Francia”.
L’ultimo viaggio verso Pré-Saint-Didier per immagini















Livio Soldà, una vita sui binari: 40 anni di storia della Aosta-Pré-Saint-Didier
di Orlando Bonserio
Per più di 40 anni Livio Soldà ha fatto il macchinista, come suo padre. La Aosta – Pré-Saint-Didier era una linea che conosceva come le sue tasche. Lì ha incontrato la sua futura moglie, studentessa che prendeva ogni giorno il treno da La Salle. È una memoria storica di come questa tratta sia cambiata negli anni ed è membro molto attivo del gruppo Facebook “Salviamo la ferrovia Aosta – Pré-Saint-Didier”: “La sospensione della tratta è stata una scelta politica, con qualche cambio di prospettiva funzionerebbe ancora e potrebbe venire utilizzata da un buon numero di persone”, dice.
Una scelta a cui si è arrivati gradualmente, tra cambiamenti più o meno grandi che, pian piano, l’hanno portata ad essere poco utilizzata se non dagli studenti. “La ferrovia l’ho vista quando era molto attiva”, racconta Livio Soldà. “Poi ci sono state delle grandi trasformazioni, anche perché il trasporto su gomma ha preso il sopravvento in tutto e per tutto. Ma io ho fatto in tempo a fare ancora dei treni merci sulla Aosta-Pré-Saint-Didier, che sono rimasti fino agli anni ’70. Erano dei treni misti passeggeri, partiva alle 7:45 del mattino, saliva in Alta Valle portando eventualmente carri merci in composizione, e scendeva poi con quello che arrivava alle 11:50. C’era solo quello, poi potevano esserci dei treni straordinari, treni per materiale, treni di servizio, insomma. I giornali, i pacchi postali, gli ordini per gli esercizi commerciali venivano portati col treno”.
Da Pré-Saint-Didier non si arrivava solo ad Aosta, ma esistevano “ben quattro relazioni con cui potevi andare fino a Torino senza cambiare treno. A quel tempo potevi partire da Pré-Saint-Didier con il primo treno del mattino, intorno alle 4:30, e alle 7:30, senza cambiare treno, eri a Torino. Oltre a queste quattro relazioni estive, tre relazioni erano invernali: c’era al mattino, a metà giornata e al pomeriggio tardi, in tutti e due i sensi. Da Torino potevi risalire fino a Pré-Saint-Didier arrivando addirittura oltre la mezzanotte. Esisteva poi una relazione diretta tra Pré-Saint-Didier e Milano: era un treno periodico, solo prefestivo e festivo, poi è stato allungato al venerdì, sabato e domenica, e nei periodi estivi c’era tutti i giorni. Poi c’era un’altra relazione che era molto importante, istituita dopo molti anni: prima c’era addirittura la possibilità che da Pré-Saint-Didier ci fosse una carrozza diretta a Roma Termini. Partiva alle 19:30 da Pré-Saint-Didier e arrivava al mattino alle otto, con la possibilità di far colazione in treno, perché queste due carrozze venivano poi agganciate al Torino-Roma”.

Poi, da metà anni ’80, quello che forse è stato l’inizio della fine, con la trasformazione della Aosta – Torino che prevedeva treni navetta con 5 o 6 carrozze trainate da un locomotore, che però non aveva la circolabilità fino a Pré-Saint-Didier e con la prospettiva di avere quelle carrozze semivuote. Di conseguenza, le corse vennero fermate ad Aosta, con obbligo di cambiare treno, allungando i tempi e rischiando di perdere le coincidenze. Inoltre, vennero tagliate la prima e l’ultima corsa del giorno, che per pendolari, operai, infermieri significava una sensibile diminuzione delle possibilità di utilizzo, spingendoli quindi a cercare altri mezzi di trasporto (come auto o bus), anche grazie all’allargamento della Strada Statale 26 ed alla costruzione dell’autostrada.
Soldà dice che la linea era ormai considerata un “ramo secco”: “I treni che salivano in Alta Valle non erano solo due (come nell’ultimo periodo in cui l’utenza è crollata), perché in tutte le stazioni — Sarre, Villeneuve, Arvier, Avise, La Salle, Morgex — si potevano effettuare gli incroci tra treni. Quindi sulla tratta potevano starci anche sette treni contemporaneamente con orari diversi. C’era una flessibilità non indifferente e le stazioni erano tutte presidiate, con un impegno notevole di personale e passaggi a livello chiusi manualmente. Si passò poi al “servizio a spola“, che è stata la morte della ferrovia: era concepito solo tra Aosta e Pré-Saint-Didier e potevano esserci due treni con un incrocio fisso solo ad Arvier. Di conseguenza saltarono tutti gli orari e le coincidenze per Torino, e molti treni giravano vuoti perché avevano orari fissi per l’incrocio ad Arvier”.
Proprio questo sarebbe per Soldà uno dei punti fondamentali su cui lavorare per poter riaprire la linea con un servizio più efficiente: “Non dovrebbe essere come quando è stata sospesa dieci anni fa, cioè con la sola possibilità di incrocio ad Arvier. Bisognerebbe riportare almeno due punti di incrocio in più, oltre ad Aosta: incroci ogni 10 km circa (La Salle o Villeneuve) per fare orari cadenzati. Se si riaprisse con un altro genere di servizio, un servizio economico ma con la possibilità di ritornare alle dirette Aosta-Torino o Milano, avrebbe senso. Anche perché adesso abbiamo i treni bimodali che sono stati comprati e potrebbero accedere fino a Pré-Saint-Didier”.

I sindaci dell’alta Valle chiedono risposte: “La tratta Aosta-Pré-Saint-Didier non va dimenticata, serve una decisione da parte della Regione”
di Nicole Jocollé
La chiusura della line ferroviaria Aosta–Pré-Saint-Didier, il 24 dicembre 2015, ha lasciato i comuni della Valdigne con un’infrastruttura sospesa: i binari sono ancora lì, le stazioni anche, ma il servizio non esiste più. Dieci anni dopo, i paesi attraversati dalla linea convivono con un paradosso: non hanno più il treno, ma devono comunque fare i conti con limitazioni che ne vincolano alcune scelte urbanistiche, progetti e mobilità quotidiana.
Nel dibattito regionale tornano ciclicamente proposte diverse — dalla riattivazione del servizio alla conversione della ferrovia in percorso ciclopedonale — ma nei territori prevale una richiesta comune, ovvero che venga presa definitivamente una decisione da parte dell’amministrazione regionale rispetto al futuro della tratta.
Cassiano Pascal, sindaco di La Salle: “Se questa tratta non viene acquistata dalla Regione non vedo come si possa immaginare qualsivoglia tentativo di scenario futuro”
Per Cassiano Pascal, sindaco di La Salle, la chiusura fu immediatamente percepita come un punto di non ritorno: “Quando la tratta venne chiusa, la prima cosa che ho pensato è che si chiudeva un capitolo. Rfi non aprirà mai più questa linea: i costi di gestione, e ora anche quelli di manutenzione straordinaria, sarebbero troppo alti”. Per il sindaco, ogni ipotesi, parte da una condizione preliminare: “L’amministrazione regionale deve prendersi in carico la tratta. Se non viene acquistata dalla Regione, non vedo come si possa immaginare qualunque tentativo di riutilizzo”. Un’idea che il sindaco vede con favore riguarda il riuso delle stazioni: “Ognuna potrebbe diventare un esercizio commerciale, un ristorante, qualcosa capace di attrarre persone. Sarebbe bello ridare vita a quegli edifici”.
A La Salle il treno non era solo un servizio: era una parte della memoria del paese. Pascal lo ricorda con un episodio personale: “Quando eravamo ragazzi scendevamo dalla frazione fino alla stazione, d’inverno, in mezzo alla neve. Il capostazione ci accoglieva e accendeva la stufa a carbone mentre aspettavamo il treno. Ora sembra una storia dell’Ottocento ma non è passato così tanto tempo”.
La posizione del paese — con il centro abitato distaccato rispetto alla stazione e alla statale — rende oggi più evidente un altro problema: quello degli orari del trasporto pubblico su gomma. Secondo il sindaco, oggi i problemi di trasporto di La Salle riguardano infatti soprattutto la programmazione delle coincidenze. “Le coincidenze non funzionano. Il pulmino della frazione arriva sulla statale e si vede passare davanti il pullman per Aosta o Courmayeur. Non c’è un coordinamento” e aggiunge un’osservazione sul servizio: “Arrivano pullman da 54 posti per 5 o 6 utenti. Per me è uno spreco, anche a livello ambientale e di costi”.
Federico Barzagli, sindaco di Morgex: “Dopo dieci anni, non è più ammissibile che su questa linea non si prenda una decisione”
A Morgex, il sindaco Federico Barzagli riassume così la situazione: “Non abbiamo un servizio, ma abbiamo enormi vincoli”. La sospensione della linea genera infatti effetti paradossali: “La linea è tecnicamente sospesa: il treno non c’è, ma restano i binari e le vecchie stazioni e con loro numerosi vincoli che paralizzano le iniziative dell’amministrazione e dei privati”. Il Comune ha acquistato l’edificio della stazione, ma anche questo investimento è legato ai vincoli ferroviari: “La stazione è nostra, c’è un mutuo in corso, ma ogni intervento deve essere autorizzato dalle Ferrovie, soprattutto per quanto riguarda l’area dei binari. Siamo spesso bloccati”. Una situazione che si traduce in limiti concreti: “Davanti alla stazione abbiamo realizzato il Parco della Lettura, ma non possiamo creare un passaggio diretto proprio perché ci sono i binari”.
Barzagli non rimpiange il servizio ferroviario così com’era: “Era lento e non era ottimale: da Morgex ad Aosta erano comunque 40 minuti di percorrenza”. Se mai si dovesse parlare di una riapertura della tratta, secondo il sindaco, sarebbe necessario riorganizzare il sistema. Il punto, in ogni caso, resta comunque quello di trovare un futuro per la tratta ferroviaria: “Quello che auspico è che si decida cosa fare e che si dia un destino alla linea. Festeggiamo adesso i 10 anni dalla sospensione e non è più ammissibile che su questa linea non si prenda una decisione e di fatto venga dimenticata”.












Andrea Barmaz, sindaco di Saint-Pierre: “Ora dove passava il treno c’è degrado e abbandono: fa male al cuore vedere che la linea ormai è un ramo secco”
di Viola Feder
Andrea Barmaz, l’attuale sindaco di Saint-Pierre ha tanti ricordi legati alla breve tratta di ferrovia che ha collegato, per oltre 80 anni, Aosta con l’alta valle. Tutti gli abitanti della zona lo ricordano non solo come un mezzo di trasporto, ma come parte integrante della vita in quegli sperduti paesini di montagna.
Barmaz, ripercorre i ricordi di una vita da pendolare tra Villeneuve e Aosta. “Io da ragazzo vivevo a Villeneuve prima di trasferirmi a Saint-Pierre ad un certo punto avevo calcolato di aver fatto praticamente il giro del mondo in treno, tanti km facevo. Dal ‘70 all’85 posso dire che la linea la conoscevo a memoria, ci ho viaggiato una vita sui treni facendo le medie ad Aosta e poi le superiori. Era un po’ una nostra (degli abitanti dell’alta Valle) tradizione viaggiare in treno. E anche per noi ragazzini era una libertà proprio, mi ricordo che ci andavamo anche a sciare con il treno: caricavamo gli sci e andavamo fino al capolinea dove poi prendevamo la navetta per La Thuile”.
“La ferrovia e tutto quello che c’era intorno erano tenuti benissimo. I capi stazione avevano una competizione tra di loro per chi aveva la casetta più bella: c’era chi faceva il giardino, chi la decorava chi la teneva come una casa…”. Ma con l’interruzione della tratta tutto è cambiato e adesso i binari e le case dei ferrovieri sono fredde e abbandonate spesso in mezzo al paese che attraversano. “Ora attorno a dove passava il treno c’è questa percezione del degrado e dell’abbandono. Noi sul territorio abbiamo due gallerie e so che sono frequentate da barboni o da ragazzi che le usano come luogo di ritrovo per andare a bere o peggio. E a parte questo fa proprio male al cuore vedere che le erbacce stanno invadendo la linea ferroviaria che ormai è un ramo secco”.

“Una considerazione che posso fare come sindaco è che talvolta la popolazione si lamenta perché la ferrovia – pur essendo chiusa – pone dei vincoli al territorio. Per esempio se un privato vuole ristrutturare una casa o simili entro i vincoli della ferrovia non può muoversi”.
Un’altra delle conseguenze della tratta sospesa è anche il completo cambiamento del sistema di trasporto pubblico dall’alta Valle. La sostituzione del collegamento diretto in treno con le linee di autobus che percorrono la statale ha creato non pochi disagi per gli abitanti. Grazie alla sua posizione, all’imboccatura dell’alta valle, il paese di Saint-Pierre non ha subito conseguenze troppo negative sulla qualità del trasporto pubblico. Secondo Barmaz “per i trasporti a Saint-Pierre forse siamo quelli che abbiamo patito di meno la soppressione del treno: abbiamo sia le corse di Arriva dall’alta valle che passano in mezzo al paese e sulla statale, ma in più a noi hanno aggiunto il 29 e un altro bus di quelli piccoli che fa anche la collina. Qui noi abbiamo una grande collina lontana dal paese, quindi per quella parte di abitanti comunque il treno era lontano perché la stazione era nel centro abitato”.
Nonostante i servizi attuali del trasporto pubblico per il paese di Saint-Pierre siano più fitti e coprano più territorio, Barmaz ricorda con grande nostalgia il trenino Aosta – Pré-Saint-Didier e sottolinea la tristezza nel vedere questa grande infrastruttura decomporsi lentamente in mezzo al paese. “La speranza che ho sempre avuto sarebbe quella di vedere la linea rinascere per diventare come i trenini turistici che hanno in Svizzera, penso a quelli classici rossi e bianchi che attraversano anche i villaggi. Fare una linea turistica che arrivi fino a Courmayeur sarebbe importante, un treno così con la tecnologia di oggi sarebbe una chicca per la Valle d’Aosta”.
Dalla ferrovia al “corridoio di mobilità”: tredici anni di proposte alternative per la Aosta–Pré-Saint-Didier
di Massimiliano Riccio
Da oltre un decennio la tratta ferroviaria Aosta–Pré-Saint-Didier è al centro di un dibattito che, con il passare degli anni, si è progressivamente spostato dal tema della riapertura del servizio ferroviario a quello di un possibile utilizzo alternativo dell’infrastruttura. Dalla sospensione dei treni nel 2015, il tracciato è rimasto formalmente attivo ma privo di funzione, diventando terreno di confronto tra visioni diverse: chi continua a rivendicare il ritorno della ferrovia e chi, invece, propone soluzioni differenti, dalla mobilità su gomma alle piste ciclabili, fino a sistemi ibridi come il tram-treno. Di seguito una ricostruzione cronologica delle principali tappe di questo percorso.
2012 – Le prime crepe nel modello ferroviario tradizionale, spunta l’idea di una pista ciclabile
Già nel 2012, in occasione di convegni e incontri pubblici promossi da associazioni ambientaliste e di pendolari, emerge una riflessione critica sulla ferrovia valdostana e, in particolare, sulla tratta Aosta–Pré-Saint-Didier. Ecco che spunta una prima proposta di trasformare la linea in pista ciclabile, con un appello pubblico a scegliere una soluzione che non sia soltanto economica ma tenga conto di mobilità sostenibile e sviluppo turistico, citando esempi di linee dismesse o rifunzionalizzate in altri contesti alpini. Inoltre, la linea potrebbe diventare così un attrattore per cicloturismo, collegando Aosta all’Alta Valle con un percorso sicuro e panoramico. Si aprendo un confronto pubblico su soluzioni di mobilità differenti prima ancora della chiusura del servizio.
2013–2014 – Un tema sullo sfondo
Negli anni immediatamente successivi il dibattito resta marginale. La linea è ancora in esercizio e l’attenzione si concentra soprattutto su costi di gestione, sicurezza delle infrastrutture e numero di passeggeri. Le ipotesi di utilizzo alternativo non trovano spazio formale, ma rimangono come possibilità implicite legate alle difficoltà strutturali del servizio.
2015 – La sospensione del servizio e l’inizio del vuoto funzionale
Il passaggio decisivo avviene nel 2015, quando Rete ferroviaria italiana sospende il servizio sulla Aosta–Pré-Saint-Didier. La linea non viene dismessa, ma entra in una fase di sospensione a tempo indeterminato. Il tracciato perde così la sua funzione operativa, pur restando vincolato dal punto di vista normativo. È da questo momento che il tema del riuso dell’infrastruttura inizia a porsi in modo concreto.
2016 – Il nodo diventa politico
Nel 2016 il confronto si concentra sul ripristino del servizio ferroviario. La proposta di legge di iniziativa popolare, poi divenuta legge regionale n. 22/2016, ribadisce l’importanza strategica della ferrovia. Tuttavia, le difficoltà nell’attuazione della norma rendono evidente quanto il futuro della linea sia complesso. Le alternative non vengono ancora esplicitate, ma la destinazione della tratta si consolida come questione politica.
2017 – La ferrovia come percorso
Nel 2017 emerge una prima proposta alternativa, di natura non istituzionale. Con l’iniziativa “Ghost Railroad”, un cittadino percorre a piedi la ferrovia dismessa e racconta l’esperienza, suggerendo la possibilità di trasformare il tracciato in un percorso ciclopedonale o turistico. L’idea non ha seguito amministrativo, ma contribuisce a cambiare la percezione della linea che qualche anno dopo – nel 2024 – viene percorsa da uno youtuber a caccia di luoghi abbandonati:
2018 – Le alternative entrano nei documenti tecnici
Nel 2018 il tema entra nei documenti tecnici. Nell’ambito delle analisi preliminari del Piano regionale dei trasporti vengono valutati diversi scenari per il collegamento tra Aosta e l’Alta Valle. Accanto al ripristino ferroviario, compaiono ipotesi che prevedono sistemi più leggeri o assetti infrastrutturali diversi.
2019 – L’ipotesi del tram-treno
Nel 2019 prende forma lo scenario del tram-treno o della tramvia veloce. Gli studi commissionati dalla Regione indicano questa soluzione come potenzialmente più flessibile e competitiva rispetto alla ferrovia tradizionale. Il dibattito politico e tecnico inizia così a considerare apertamente il superamento del “treno classico”.
2020 – La petizione per la pista ciclabile
Nel 2020 prende avvio una petizione popolare lanciata su change.org con l’obiettivo di spingere la Regione autonoma Valle d’Aosta a trasformare la tratta ferroviaria Aosta–Pré-Saint-Didier in una pista ciclabile veloce. L’iniziativa raccoglie adesioni e segna una tappa di coinvolgimento civico sulle alternative alla ferrovia, sottolineando come molti cittadini vedano nelle ciclovie un’opportunità per mobilità sostenibile e turismo.
2020–2021 – Una fase di attesa
Gli anni della pandemia segnano una fase di stallo. Nessuna decisione viene assunta e la linea resta inutilizzata, come racconta TurismOK in un approfondimento sulle nostre pagine. Le ipotesi alternative rimangono sulla carta, ma l’assenza di scelte rafforza l’idea della Aosta–Pré-Saint-Didier come infrastruttura sospesa.
2022 – L’ipotesi della valorizzazione turistica
Nel 2022, mentre il Piano industriale di Ferrovie dello Stato torna a includere la riattivazione della linea, nel dibattito locale si fa strada l’idea di un utilizzo non ordinario dell’infrastruttura. Si parla di valorizzazione turistica e culturale, aprendo a scenari che vanno oltre il trasporto quotidiano.
2023 – Il ritorno del tram-treno con lo studio di prefattibilità
Nel 2023 viene consegnato alla Regione lo studio di prefattibilità per un collegamento tram-treno tra Aosta e Courmayeur, affidato alle società Citec Italia e Sertec. I costi elevati e un equilibrio economico negativo portano la Giunta regionale a non proseguire con l’opera, segnando un punto di svolta nel dibattito.
2024 – La svolta del Piano Regionale dei Trasporti
Il 2024 segna una svolta netta. Con il Piano regionale dei trasporti 2024-2035, la Regione ipotizza la rinuncia alla riapertura ferroviaria della Aosta–Pré-Saint-Didier. Al suo posto vengono proposti Metrobus/BHNS e pista ciclabile sul sedime ferroviario. Nello stesso anno viene presentata anche una proposta di legge per la valorizzazione storico-turistica della linea.

Valorizzazione che parte da un punto, inserito nel Piano dei trasporti stesso e che resta nelle volontà dell’Amministrazione. Non semplice, ma la partenza è una: acquisire la tratta, per poi gestirla. E l’assessore ai Trasporti Luigi Bertschy, ai nostri microfoni, ha confermato questa volontà.
2025 – Il conflitto aperto e la fase decisionale
Nel 2025 il confronto diventa esplicito e conflittuale. Sindacati e associazioni contestano l’ipotesi di abbandonare definitivamente la ferrovia, mentre il percorso amministrativo del Piano dei trasporti conferma che le soluzioni alternative sono oggetto di valutazione concreta.
Valutazione concreta cui manca ancora un elemento, che potrebbe essere decisivo: una possibile acquisizione – o meno – passa comunque da una trattativa tutta da intavolare con Rfi. Non proprio una passeggiata. Anche perché resta da capire se i lavori di elettrificazione della Aosta-Ivrea che finiranno tra un anno, nel dicembre 2026, di fatto possano chiudere definitivamente la porta ad una riapertura della Aosta-Pré-Saint-Didier. L’ingegnere Gaetano Pitisci, referente di Rete ferroviaria italiana per il maxi intervento in corso, pensa che la porta non sia chiusa.
Una scelta che resta politica
A dieci anni dalla sospensione del servizio, la Aosta–Pré-Saint-Didier è diventata più di una ferrovia chiusa. È il simbolo di una scelta politica ancora aperta tra modelli diversi di mobilità: rotaia, gomma, mobilità lenta o valorizzazione turistica. Le ipotesi tecniche sono state esplorate e i costi stimati. Resta ora alla politica la responsabilità di decidere se e come chiudere definitivamente una lunga fase di incertezza.
