‘ndrangheta, l’appello “bis” di Geenna il 15 novembre a Torino

Si tratta dell’udienza per gli imputati del rito ordinario, dopo l’annullamento delle loro condanne da parte della Corte di Cassazione, lo scorso 24 gennaio: Antonio Raso, Nicola Prettico, Alessandro Giachino e Monica Carcea.
Cronaca

E’ stato fissato per il prossimo 15 novembre, dinanzi alla terza Sezione della Corte d’Appello di Torino il giudizio “bis” per gli imputati che avevano scelto il rito ordinario nel processo Geenna, sulle infiltrazioni di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta.

Si tratta del ristoratore Antonio Raso, dei dipendenti della casa da gioco Nicola Prettico e Alessandro Giachino, accusati di associazione di tipo mafioso, nonché della ex assessora di Saint-Pierre Monica Carcea, chiamata a rispondere di concorso esterno.

L’Appello “bis” nasce dalla decisione della Corte di Cassazione, dello scorso 24 gennaio, di annullare le condanne a carico degli imputati (a Raso erano stati inflitti 10 anni, a Prettico e Giachino 8 ognuno, a Carcea 7), rinviando ad una diversa sezione della Corte d’Appello per un nuovo processo.

Arrestati nel blitz dei Carabinieri del 23 gennaio 2019, coordinato dalla Dda di Torino, gli imputati sono stati scarcerati lo scorso 31 marzo. Gli accusati di essere stati parte della “locale” aostana erano rimasti in carcere sino ad allora, mentre Carcea, dopo un periodo in cella, aveva ottenuto i domiciliari. Tutti potranno quindi presentarsi alla nuova udienza in libertà.

La sentenza di secondo grado che condannava gli imputati, per la Cassazione andava annullata perché ritenuta viziata da “lacune motivazionali”, in particolare rispetto alla dimostrazione del “collegamento funzionale” della “locale” di ‘ndrangheta aostana con la “casa madre calabrese” e all’enunciazione del programma delittuoso dell’associazione criminale attiva in Valle.

Nella stessa occasione, la Cassazione aveva reso definitiva l’assoluzione, dall’accusa di concorso esterno, dell’ex consigliere regionale Marco Sorbara, pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino il 19 luglio 2021, dopo una condanna a 10 anni di reclusione in primo grado nel settembre 2020, dinanzi al Tribunale di Aosta.

L’altro ramo processuale nato dall’inchiesta Geenna, quello degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, è già giunto a giudizio definitivo. La Cassazione, lo scorso 20 aprile, ha confermato le condanne per associazione di tipo mafioso di Bruno Nirta, Marco Fabrizio Di Donato, suo fratello Roberto Alex Di Donato e Francesco Mammoliti. Alcuni di loro, arrestati anch’essi nel 2019, hanno concluso di scontare la pena e sono, nel frattempo, usciti dal carcere.

Per la Suprema Corte, in quel caso, il giudizio svoltosi con rito abbreviato (basato cioè solo sul fascicolo processuale e non sul contradditorio in aula) ha consentito di dimostrare che “la plurisoggettività organizzata (ancorché a ristretta base sociale) di satelliti ‘ndranghetisti traslati in territorio valdostano (anche da più di una generazione) ha ivi replicato (dal 2014) un modello mafioso che si avvale dell’assoggettamento omertoso per controllare un determinato territorio e le attività (lecite o illecite) che in quel territorio hanno luogo”.

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