‘ndrangheta, per la Cassazione è definitiva l’esistenza di una “locale” ad Aosta

La sentenza, pronunciata nella serata di oggi, giovedì 20 aprile, rende definitive le condanne per associazione di tipo mafioso nei confronti di Bruno Nirta, Marco Fabrizio Di Donato, Roberto Alex Di Donato e Francesco Mammoliti.
Un'udienza dell'appello Geenna a Torino.
Cronaca

Conferma definitiva dell’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta attiva ad Aosta. E’ il dato che emerge dalla sentenza della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciata nella serata di oggi, giovedì 20 aprile, dopo che in mattinata si era tenuta l’udienza del processo Geenna nei confronti degli imputati che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato.

I giudici hanno confermato gran parte della sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino il 19 luglio 2021. Diventano così definitive le condanne per associazione di tipo mafioso di Bruno Nirta, 63 anni di San Luca (condannato in appello a 12 anni 7 mesi e 20 giorni di carcere), Marco Fabrizio Di Donato, 52 anni, suo fratello Roberto Alex Di Donato, 44 anni (5 anni e 4 mesi di pena) e Francesco Mammoliti, 50 anni (5 anni e 4 mesi). I loro ricorsi su questa imputazione sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte.

Per Marco Fabrizio Di Donato, i giudici hanno però accolto l’impugnazione relativa a due capi d’accusa – l’estorsione e il voto di scambio politico-mafioso – disponendo l’annullamento di questa parte della sentenza a suo carico e il rinvio a una diversa sezione della Corte d’appello di Torino (la Procura generale aveva chiesto invece la conferma del provvedimento). Occorrerà quindi, limitatamente a quelle imputazioni, un nuovo giudizio, in cui potrebbe essere rivista la pena complessiva di 9 anni inflittagli nel grado precedente.

Tra gli altri imputati, che erano chiamati a rispondere di reati diversi dal crimine organizzato emersi nelle indagini coordinate dalla Dda di Torino e sviluppate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, l’annullamento con rinvio in appello è stato deciso anche per l’accusa di concorso in tentata estorsione mossa a Salvatore Filice (54 anni), cui in appello i giudici avevano comminato 2 anni e 4 mesi di reclusione, anche per la violazione della normativa sulle armi.

“Per due gradi di giudizio abbiamo ribadito l’inesistenza del tentativo estorsivo e questo pronunciamento è una vittoria importante, perché riconosce la tesi sostenuta sin dall’inizio del procedimento. Adesso, attendiamo di conoscere le motivazioni della decisione”, è il commento dell’avvocato Gianfranco Sapia, difensore di Filice assieme alla collega Elena Corgnier.

Divengono definitive anche, per effetto della sentenza di Cassazione, le condanne di Giacomo Albanini (60 anni), Rocco Rodi e Roberto Bonarelli (59): un anno di reclusione ai primi due ed un anno e sei mesi al terzo, per favoreggiamento personale. La tesi degli inquirenti era che avessero “avvisato” il ristoratore Antonio Raso, a processo nel dibattimento ordinario, della presenza di microspie nel suo locale di Aosta.

Si conclude così, ad eccezione dei capi che restano pendenti, il ciclo processuale in abbreviato sull’infiltrazione della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Per gli imputati che avevano scelto il rito ordiario, lo scorso 24 gennaio la Cassazione aveva scritto un esito diverso: annullamento delle condanne con rinvio in appello per tre imputati accusati di associazione mafiosa (Antonio Raso, Nicola Prettico e Alessandro Giachino) e per Monica Carcea, chiamata a rispondere di concorso esterno. Il “Geenna bis”, per loro, nel frattempo scarcerati, non è ancora stato fissato. Era stato inoltre assolto definitivamente, dall’accusa di concorso esterno, l’ex consigliere regionale Marco Sorbara.

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