Adesso, quindi, tutti sono il diciottesimo. Fino a qualche tempo fa il refrain era che a 18, in Consiglio regionale, non si potesse governare. E a conti fatti, tolto l’arco di tempo dal 2013 al 2015 – l’ultima presidenza Rollandin, falcidiata peraltro dai “franchi tiratori” e che aveva visto un allargamento di maggioranza al Pd prima e all’Uvp poi – tutti i governi con un solo consigliere in più hanno avuto vita breve.
Nove anni (più o meno) a 18, nove anni di turbolenze
Caduto Rollandin sotto i colpi del “ribaltone” del marzo 2017, non è andata meglio al suo successore Pierluigi Marquis. La sua maggioranza, nuovamente a 18, infatti, ha dovuto (molto) presto fare i conti – neanche sette mesi dopo, al cominciar d’ottobre – con il “controribaltone” che portò Laurent Viérin alla presidenza della Regione. Governo “di transizione”, giusto il tempo sbarcare alle elezioni regionali della primavera 2018.
A urne chiuse, l’incarico di formare un nuovo governo è toccato alla leghista Nicoletta Spelgatti. Compagine composita a dire poco – con Stella alpina assieme all’allora Pour Notre Vallée, Mouv’ e Alpe –, che però a 18 consiglieri non arrivava. Ci arriverà con l’ex presidente del Consiglio uscente Emily Rini, che lascia l’Uv.
Il governo “a trazione leghista”, si diceva all’epoca, durerà un centinaio di giorni, prima della pioggia di dimissioni in Giunta che lasciano Spelgatti (quasi) in splendida solitudine e la mozione di sfiducia costruttiva che prepara il campo al nuovo presidente della Regione Antonio Fosson. La maggioranza, anche in questo caso, sarà composta da soli 18 consiglieri. Ma, nonostante le irrequietezze (e le diverse “verifiche politiche”), la caduta del suo governo arriverà con l’emergere dell’inchiesta Egomnia, recentemente archiviata.
Il testimone passerà all’allora vicepresidente Renzo Testolin – protagonista delle cronache di oggi e in aria, fino al “passo indietro” di ieri, di un ritorno al vertice della Regione –, che guiderà la Regione attraverso la prima fase della pandemia. Fattore non da poco, dato che “frena” la crisi politica che già dal febbraio 2020 tende inesorabilmente alle elezioni regionali anticipate (con il placet unionista), poi spostate a settembre proprio causa Covid-19.
L’esito delle urne mette l’Uv – che torna “al centro del villaggio” con sette eletti – ad un bivio. Il dialogo, che ormai comprende tutti gli autonomisti misteriosamente riunitisi dopo anni di “lunghi coltelli”, si fa fitto prima con la Lega (che di consiglieri ne eleggere undici), poi con il Progetto civico progressista. Ad ogni modo, la fragile maggioranza a 18 sembra, finalmente scongiurata.
Lo sarà, ma per poco. Nelle consultazioni la spunta l’accordo con Pcp e nasce il governo Lavévaz. La maggioranza è a 21. Un buon margine, anche se nel maggio 2021, i dissidi insanabili portano l’assessora Chiara Minelli e la consigliera Erika Guichardaz dritte tra i banchi dell’opposizione. Poco meno di un anno dopo, nell’aprile 2022, Pierluigi Marquis lascia il suo movimento, la Stella alpina, per sbarcare in Forza Italia. Ma, soprattutto, il neo consigliere azzurro abbandona d’infilata la maggioranza che resta nuovamente a 18.
Chi è ora il diciottesimo?
Ora, dopo il “pasticciaccio brutto” – la telenovela della staffetta tra il presidente in carica ed il presidente incaricato – il problema resta. Anzi, si amplifica. Se “Lavévaz bis” sarà, questa volta ogni membro della maggioranza è un potenziale “diciottesimo”.
Starà al presidente gestire spinte, malumori, “malpancismi” e ambizioni di chi – a ragione o torto – potrebbe mettere in crisi, in ogni momento, un governo che in crisi lo sembra eternamente. Quando, cioè, ogni incomprensione potrebbe portare uno scossone. Fermo restando che nessuno – ma proprio nessuno – in piazza Deffeyes vorrebbe nuove elezioni anticipate, ad un certo punto la pazienza (ma anche solo le possibilità di cucire e ricucire strappi continui) potrebbe venire meno.
Il banco di prova sarà subito l’eventuale nuova composizione di Giunta, che stando alla Legge regionale 21 del 7 agosto 2007, prevede – all’articolo 7 comma 3, che fa però riferimento all’articolo 6 comma 6, e come avviene ad inizio Legislatura per presidente e assessori – che “l’elezione del nuovo assessore si effettua, su proposta del presidente della Regione, a scrutinio segreto a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati”. E la trappola, o una piccola “vendetta trasversale”, nel segreto dell’urna, non è da sottovalutare. Né ipotesi così peregrina.
O forse, questo è ormai il destino della politica regionale. Nella smorfia napoletana il numero 18 rappresenta “il sangue”. Letteralmente “il fluido vitale, senza il quale la vita non potrebbe esserci”. E per reggere ancora fino al 2025 con questi numeri il sangue, qualcuno, dovrà averlo ben freddo.