Il Consiglio regionale è a un bivio

25 Febbraio 2023

E adesso? La maggioranza che doveva allargarsi – imbarcando i due consiglieri di Pour l’Autonomie del “grande nemico” Rollandin per arrivare a 20 consiglieri – si è invece ridotta. Perso subito Claudio Restano, sfilatosi quasi in tempo reale rispetto all’annuncio del nuovo governo Testolin, la prova dell’aula ha parlato chiaro: la maggioranza è a 17. Quindi non è una maggioranza.

Il tempo, in teoria, ci sarebbe pure. Dopo il “pasticciaccio brutto” andato in scena ieri sera in Consiglio Valle, quando il governo del presidente in pectore Renzo Testolin si è schiantato ad un passo – e ad un voto – dal suo insediarsi, un nuovo eventuale Esecutivo potrebbe comunque nascere entro il prossimo 25 marzo, entro quindi i 60 giorni dalle dimissioni di Lavevaz.

A caldo, dopo lo psicodramma consiliare, voci di corridoio parlavano di un nuovo tentativo immediato, con lo stesso tipo di maggioranza allargata a Pour l’Autonomie, da mettere in piedi già all’inizio della settimana prossima. Forse addirittura martedì. Operazione complicata perché dopo il voto di ieri, nel segreto dell’urna, la fiducia tra alleati – che già non brillava di luce propria – è ai minimi storici.

In maggioranza, o quel che ne rimane, il compito di raccogliere i cocci resta in capo a Luigi Bertschy, che guida una Giunta ancora in carica per l’ordinaria amministrazione. E proprio il presidente facente funzioni potrebbe fare dapontiere” per un ultimo, forse disperato, tentativo di salvare il salvabile, tra le macerie dell’alleanza autonomista-progressista.

Altrimenti c’è l’altra possibilità, più volte richiamata ieri in aula. Dai banchi della Lega e di Forza Italia quasi tutti hanno puntato il dito verso l’Union Valdôtaine, rea di aver scelto di allearsi a sinistra. La Lega, da tempo, aspettava un altro segnale. L’incontro di fine dicembre con il gruppo degli autonomisti aveva portato un discreto ottimismo, ma anche qualche strascico polemico nella compagine del centrodestra.

Il ritorno dei franchi tiratori

Un dato è certo: nel voto di ieri il ritorno dei franchi tiratori in aula è stato decisivo. Luciano Caveri ha avuto addirittura l’impressione di una “trappola congegnata”. Tra chi – senza mai nasconderlo – ha sempre guardato ad un accordo con la Lega c’è Aurelio Marguerettaz. Sconfessato poi dal Comité Fédéral notturno del suo stesso movimento. Difficile, però, pensare a lui come ad uno dei “dissidenti dell’urna”, dopo le sue parole in Consiglio.

“Quando mi si chiede se questa è la soluzione migliore – diceva ieri parlando del nascente, almeno per il momento, governo Testolin –: non mi nascondo. Avrei gradito una soluzione diversa. Una adesione trasversale ad un progetto per non avere degli steccati ideologici. Qui dobbiamo mettere la Valle d’Aosta davanti a tutto. E questo blocco, destra, sinistra, non è più attuale. Quanti provvedimenti sono stati votati con 33 voti? Quindi con comune sentire?”.

Una “terza via”?

Però, la posizione del capogruppo Uv potrebbe diventare quella condivisa per chiudere – almeno con un briciolo di dignità – questa disastrata consiliatura. Voci di corridoio parlano di unaterza via”, che vada oltre lo sbattere nuovamente la testa nell’assetto attuale e un potenziale embrassons-nous con la Lega.

L’idea sottotraccia è quella di un “governissimodi intese molto larghe. Più che altro, anzi, un governo di scopo che disbrighi i provvedimenti più impellenti e che soprattutto vari una nuova legge elettorale per preparare il ritorno d’infilata alle urne. Operazione da “ultima spiaggia” e comunque complicata. Proprio perché i rapporti in aula, mentre si continua a invocare una réunification del mondo autonomista, si sono forse logorati troppo. Soprattutto dopo lo strappo di ieri.

Ma chi guida il governo?

Il problema diventerebbe comunque un altro: chi guiderebbe un nuovo governo? L’Union da tempo dice che la presidenza spetta a loro. Però, due dei suoi sette consiglieri sono già stati “bruciati”: Erik Lavevaz, quasi autosfiduciatosi e poi dimessosi, e lo stesso Renzo Testolin.

Che a ben vedere è stato indicato per ben tre volte come presidente della Regionea metà ottobre 2020, come primissima scelta, poi rientrata in fretta, poi nella misteriosa “staffetta” mai andata in porto con Lavevaz e, infine, ieri – senza mai riuscire nell’impresa. Apprezzato dai “colonnelli” unionisti – come hanno scritto nell’acuminato j’accuse a Lavevaz –, al vertice del nuovo Esecutivo potrebbe andare quindi lo stesso Bertschy. Peraltro, tra i pochi che, nell’ormai svanito governo Testolin, non avrebbe visto le sue deleghe da assessore stravolte né ridimensionate.

Oppure non resterà che andare al voto. Anticipato, come già due anni fa. Non serve aver pensieri “populisti”, però, per dire che un Consiglio regionale che non riesce a dare risposte in un momento simile – con la lunga coda della pandemia, una guerra alle porte dell’Europa che si combatte da un anno e una crisi energetica senza precedenti – dà di sé un’immagine francamente imbarazzante. Ma, forse ancora di più, dà un’idea funesta: una distanza ormai siderale da quello che vive ogni giorno la gente comune.

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