Corruzione sotto il Cervino, il processo si chiude con 5 condanne: 6 anni a Chiavazza

La sentenza, arrivata attorno alle 15.30, stabilisce responsabilità legate ad alcune procedure pubbliche del comune di Valtournenche ed in ambito Anas, mentre scagiona tutti gli accusati per la realizzazione del bar “Rocce Nere”. Dieci le assoluzioni, in tutto.
Fabio Chiavazza (a sx) lascia il Tribunale dopo la sentenza.
Cronaca

Il “sistema corruttivo” sostenuto dalla Procura della Repubblica con l’inchiesta “Do Ut Des”? Il Gup Davide Paladino l’ha riconosciuto in alcune gare ed incarichi del comune di Valtournenche ed in ambito Anas, condannando cinque dei quindici imputati che avevano scelto il rito abbreviato, ma non l’ha ritenuto esistente nella realizzazione del bar “Rocce Nere” sulle piste di Cervinia e in alcuni altri episodi dell’inchiesta, per cui sono stati assolte le altre dieci persone a giudizio. Il verdetto del giudice, che si era ritirato in camera di consiglio attorno alle 11.30 di oggi, lunedì 28 giugno, è arrivato poco prima delle 15.30.

Le condanne

All’imputato principale del processo, l’ex capo ufficio tecnico del comune di Valtournenche, Fabio Chiavazza, sono stati inflitti 6 anni di reclusione. L’ingegnere Corrado Trasino (57, Aosta) e il funzionario Anas Adriano Passalenti (46, Saint-Nicolas) sono stati condannati a 8 mesi di reclusione ognuno, mentre la pena per i liberi professionisti Andrea Benincasa Di Caravacio (54, Torino) e Stefano Rossi (57, Piacenza) è di quattro mesi di carcere ciascuno. Per alcuni dei condannati, coinvolti in più capi d’imputazione, sono state pronunciate anche delle assoluzioni. I tre soci dell’impresa di Challand-Saint-Victor “Edilvu” (Loreno Vuillermin, Ivan Vuillermin e Renza Dondeynaz), considerati i principali “beneficiari” delle assegnazioni di lavori pilotate da Chiavazza, sono stati rinviati a giudizio: affronteranno quindi il processo con rito ordinario.

Le assoluzioni

Per tutti gli altri imputati, il giudice ha pronunciato sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Si tratta: dell’impresario Nicolò Bertini (35, Alagna Valsesia), dell’ingegnere Giuseppe Zinghinì (44, Aosta) della dipendente comunale a Valtournenche Cristina Camaschella (56, Antey-Saint-André), dell’ex presidente della “Cervino Spa” Federico Maquignaz (54, Valtournenche), dell’architetto Ezio Alliod (60, Verrès), dell’architetto Marco Zavattaro (51, Quart), dell’amministratore unico della “Ivies” Enrico Giovanni Vigna (67, Quincinetto), dell’amministratore unico della “Edilvi Costruzioni” Ivan Voyat (55, Aosta), dell’amministratore della “Chenevier Spa” Luca Frutaz (47, Aosta) e dell’artigiano Stefano Trussardi (46, Aosta).

I risarcimenti alle parti civili

Il giudice ha stabilito che Chiavazza sia interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e ne ha dichiarato l’estinzione del rapporto di lavoro con il Comune di Valtournenche. Quanto al risarcimento danni a favore delle tre parti civili costituite nel processo, la sentenza prevede che lo stesso vada quantificato in sede civile, ma sono state determinate delle provvisionali immediatamente esecutive. Chiavazza dovrà riconoscere 60mila euro all’impresario Enrico Goglio (suo principale accusatore) e 35mila euro all’amministrazione comunale di Valtournenche. A carico degli imputati Trasino, Benincasa Di Caravacio, Rossi e Passalenti è stata invece disposta una provvisionale di 10mila euro a beneficio dell’Anas.

Le reazioni dei difensori

“Sono caduti sei capi d’imputazione perché ‘il fatto non sussiste’, il che vuol dire che tutto l’impianto accusatorio della non regolarità delle gare è caduto, da questo punto di vista. – afferma, pochi minuti dopo la sentenza l’avvocata Anna Rossomando, difensore di Chiavazza – E’ ovvio che non siamo soddisfatti, perché ritenevamo di essere estranei a qualsiasi addebito di colpevolezza. Leggeremo le motivazioni, siamo assolutamente convinti delle nostre ragioni, che puntiamo a dimostrare davanti al Giudice d’appello”. Nella valutazione del legale, il teste d’accusa (l’impresario Goglio, ndr.) è stato “smentito dai fatti, dalle sue stesse dichiarazioni assolutamente contraddette e contraddittorie”.

Di segno diverso le reazioni del difensore Corrado Bellora, che assisteva due imputati del procedimento. Per Federico Maquignaz, assolto da tutte le imputazioni contestategli, “meglio di così non poteva andare” e per il funzionario Anas Passalenti, la “pena è sensibilmente inferiore a quanto richiesto dal pm”. “Sono due sentenze diverse. – chiude l’avvocato – Quella di Maquignaz mi soddisfa dall’inizio e conferma quello che ho sostenuto dall’inizio, cioè che il Rocce Nere fosse operazione lecita e corretta. Per l’ingegner Passalenti, evidentemente attenderemo la motivazione della sentenza e faremo appello, perché riteniamo che la soluzione corretta sarebbe anche la sua assoluzione”.

Soddisfazione viene espressa, nel lasciare palazzo di giustizia, anche dai legali Jacques Fosson e Davide Sciulli, che rappresentavano gli imputati Vigna, Voyat e Zinghinì. “E’ caduta tutta l’ipotesi accusatoria legata al ‘Rocce Nere’, – spiegano – facendo venire meno il fatto storico”. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca anche l’avvocato che rappresentava gli interessi dell’Anas nel procedimento, Emanuele Zanalda, per il quale l’impianto accusatorio della Procura, riguardo agli episodi a danno dell’azienda, ha retto, dimostrando che per i lavori oggetto della contestazione fosse necessaria una gara.

L’inizio dell’inchiesta

Le indagini dei Carabinieri, relative al periodo 2014-2017, erano partite dalle dichiarazioni rese agli inquirenti dall’imprenditore Enrico Goglio, che aveva raccontato del “taglieggiamento” che Chiavazza avrebbe operato nei suoi confronti, dopo il rifiuto di aderire ad una “seconda richiesta concussiva” da 20mila euro. In seguito, era stata sentita anche Cristina Machet, il segretario comunale che “più volte – emergeva dalle carte dell’inchiesta – rimanendo sostanzialmente inascoltata, ha manifestato perplessità circa le scelte operate da Fabio Chiavazza”.

L’ex capo ufficio tecnico del Comune di Valtournenche, nelle investigazioni, era il “perno” del sistema corruttivo consolidatosi sotto il Cervino, arrivando ad “addomesticare” gare e incarichi. Tanto che nel novembre 2018, nell’ambito di una serie di misure cautelari chieste dalla Procura ed accordate dal Gip del Tribunale, viene arrestato e portato a Brissogne. Rimane in silenzio nell’interrogatorio di garanzia e, per due volte, rifiuta di sottoporsi alle domande del pm. Resta così in cella praticamente fino alla scadenza dei termini del carcere preventivo, per quasi sei mesi.

La “Disneyland” degli appalti

Dall’ordinanza del Tribunale si scopre che almeno otto procedure pubbliche del Comune sarebbero state interessate dalla “creatività” del funzionario Chiavazza. Nella maggior parte dei casi, era la tesi accusatoria, ne avrebbero beneficiato i tre soci della impresa “Edilvu”, che si sarebbero “sdebitati” versando a Chiavazza oltre 50mila euro (attraverso un “escamotage” consistente nell’emissione, da parte del tecnico, di una fattura di una società di cui era titolare, fittiziamente relativa ad una vendita di materiali). L’inchiesta, però, ha superato anche le mura del Municipio sotto la “Gran Becca”.

Anche le gare Anas all’attenzione degli inquirenti

La lente d’ingrandimento dei militari è finita anche su varie procedure di appalto in ambito Anas e sulla ristrutturazione del bar “Rocce Nere”, sulle piste di Cervinia (per la Procura, frutto di un “patto corruttivo” tra Chiavazza e Federico Maquignaz, allora presidente della Cervino SpA, oltre ad essere un abuso edilizio). Il fascicolo dell’inchiesta ha raggiunto 12mila pagine, componendo un totale di 19 capi d’imputazione. Chiusa nel maggio 2019, l’inchiesta battezzata “Do Ut Des” (dal “dare e avere” che, per gli inquirenti, caratterizzava i rapporti tra professionisti, impresari e i loro interlocutori) è divenuta processo nel luglio 2019, con la richiesta della Procura di rinviare a giudizio 18 persone.

Il processo decolla solo quest’anno

Tra un’istanza di trascrizione di alcune intercettazioni ed i rinvii scattati sia per la pandemia Covid, sia per un’astensione dei legali, l’udienza preliminare decolla solo nel febbraio di quest’anno. Sono 15 gli imputati che chiedono al Gup Paladino il rito abbreviato (i tre soci “Edilvu” non scelgono giudizi alternativi, aprendo così la porta al giudizio ordinario) e, all’udienza del 10 maggio, Chiavazza esce dal silenzio tenuto fino a quel momento. Rende tre ore di dichiarazioni al giudice, spiegando – come osserva il suo difensore, Anna Rossomando (cambiato in corsa, rispetto alla fase delle indagini preliminari) – “tutte le procedure osservate dal punto di vista amministrativo”.

Alla fine di quel mese, dopo quasi 4 ore di requisitoria, il pm Ceccanti avanza le sue richieste di pena. Le condanne più elevate sono sollecitate per Chiavazza (7 anni e 4 mesi di carcere) e Trasino (2 anni e 300 euro di multa). Per tutti gli altri, si oscilla tra l’anno e 6 mesi di detenzione e i 4 mesi di arresto. L’accusa punta, in particolare, sull’attendibilità di Goglio, sull’esistenza di riscontri alle sue dichiarazioni e sulla presenza di pagamenti sul conto personale di Chiavazza. Sottolinea, inoltre che il patto con i soci “Edilvu” fosse dimostrato in particolare da un’intercettazione telefonica (in cui uno degli interlocutori del tecnico, saputo del commissariamento del Comune, afferma: “allora lavoro non me ne portate più voi…”).

Per la parte Anas, la Procura valorizza alcuni sms in cui gli imputati si accordavano sulle offerte da presentare ad una gara e il fatto che, sostanzialmente, Trasino in un interrogatorio avesse riconosciuto le responsabilità contestategli. Relativamente al “Rocce Nere”, il pm punta il dito contro i cinque pareri prodotti dopo il sequestro del locale (alcuni chiesti dal Comune di Valtournenche, parte civile su tutti i capi d’imputazione, ad esclusione di quelli riguardanti il bar sulle piste), secondo i quali l’operazione non rappresentava un abuso.

Inizia così, all’inizio di questo mese, la lunga serie di arringhe difensive, chiusasi lo scorso 22 giugno: tutti i legali chiedono di scagionare i loro imputati dalle accuse. All’udienza di oggi, il pm Ceccanti replica per circa mezz’ora a vari aspetti delle arringhe, seguito dalle controrepliche dei difensori oggetto delle sue osservazioni. Sono le 11.30 circa quando il Gup Paladino si ritira in Camera di Consiglio. Nel pomeriggio, la sentenza: corruzione sì, ma non a tappeto.

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