Inchiesta “Corruzione sotto il Cervino”, dalle indagini ai processi

“Corruzione sotto il Cervino” è un’inchiesta della Procura di Aosta, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Châtillon/Saint-Vincent, su reati contro la pubblica amministrazione riguardanti in particolare gare d’appalto e incarichi banditi ed affidati dal Comune di Valtournenche, ma anche in altri ambiti pubblici, come l’Anas.
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Cronaca

“Do ut Des”, nota anche come “Corruzione sotto il Cervino”, è un’inchiesta della Procura di Aosta, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Châtillon/Saint-Vincent, su reati contro la pubblica amministrazione (principalmente corruzione, concussione, abuso d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente), riguardanti in particolare gare d’appalto e incarichi banditi ed affidati dal Comune di Valtournenche, ma anche in altri ambiti pubblici, come l’Anas.

Arresti e misure cautelari

L’indagine emerge il mattino del 21 novembre 2018, quando una sessantina di militari esegue l’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale di Aosta Giuseppe Colazingari. L’atto dispone anzitutto quattro arresti. In carcere finisce il capo (dal 2016 ai primi mesi del 2018) dell’ufficio tecnico di Valtournenche, Fabio Chiavazza, mentre ai “domiciliari” i tre soci dell’impresa “Edilvu”: Loreno Maurizio Osvaldo Vuillermin (68 anni), Ivan Vuillermin (44) e Renza Dondeynaz (64), tutti residenti a Challand-Saint-Victor.

Misure cautelari, rappresentate dall’obbligo di dimora e di firma alla polizia giudiziaria, scattano invece nei confronti dei liberi professionisti Corrado Trasino (54) di Saint-Christophe, Stefano Rossi (54) di Piacenza, Rosario Andrea Benincasa di Caravacio (51) di Torino, nonché per il funzionario Anas Adriano Rosario Passalenti (43) di Saint-Nicolas.

I dettagli delle indagini

Nella conferenza stampa indetta dall’Arma quel mattino si scopre che gli indagati sono una quindicina. Gli inquirenti, coordinati dal pm Luca Ceccanti, spiegano di aver disvelato e posto fine ad “una rodata attività criminale nella gestione e nell’affidamento di appalti pubblici”, caratterizzata da aspetti di spregiudicatezza che fanno sottolineare ai vertici dei Carabinieri come il “fenomeno della corruzione si a presente nelle virtù italiche e la Valle d’Aosta non ne è esente”.

Il filone principale delle indagini riguarda Chiavazza che, “forte del proprio incarico e della piena fiducia dell’allora Sindaco”, non avrebbe esitato a “porre in essere una serie di condotte illecite al fine di favorire le proprie cerchie di amicizie e gli imprenditori” da cui sarebbe stato ricompensato con utilità indebite. I principali beneficiari, secondo l’inchiesta, sarebbero stati i soci della “Edilvu”, dai quali il funzionario avrebbe percepito oltre 70mila euro.

Un procedimento analizzato dagli inquirenti, bandito dall’Anas di Aosta, sarebbe invece stato caratterizzato da un episodio di turbativa d’asta, con protagonisti il funzionario dell’azienda ed i professionisti colpiti dalle misure cautelari. Al rappresentante aziendale, nella tesi d’accusa, il “capofila” dei professionisti avrebbe indicato le “ditte da invitare dopo aver concordato con le stesse gli importi da comunicare nell’offerta”.

Le gare “addomesticate”

L’ordinanza del Gip Colazingari evidenzia quali sono le gare che, secondo l’accusa, sarebbero state oggetto dei “magheggi” atttribuiti agli indagati (tra le quali anche quella per le scuole di Crétaz). Le carte raccontano poi non solo che Chiavazza sarebbe arrivato in servizio nel Municipio ai piedi del Cervino grazie al “patto silenzioso” con un altro indagato, ma anche lo stratagemma con cui, stando alle investigazioni, sarebbe riuscito a “ripulire” le tangenti versategli dai suoi sodali.

Gli indagati davanti a Gip e pm
Negli interrogatori di garanzia dinanzi al Gip, che seguono l’esecuzione delle misure, Chiavazza abbraccia la linea del silenzio, che lo contraddistinguerà fino al processo. Fa, infatti, lo stesso anche quando, ad invitarlo a comparire per sentirlo, è il pm Ceccanti. All’inizio di dicembre, il già capo ufficio tecnico viene sospeso dal servizio a Valtournenche, misura prolungata nel maggio 2019.

La scelta di non rispondere viene anche compiuta da due soci della Edilvu, Loreno Vuillermin e Renza Dondeynaz. Il figlio Ivano invece risponde sia al Giudice, sia al Pubblico ministero, palesando così una strategia difensiva diversa. Sia a Chiavazza, sia agli imprenditori, la Procura fa sequestrare somme di denaro importanti, ritenute l’equivalente delle tangenti ricevute (nel primo caso) e dei lavori ottenuti indebitamente (nel secondo). Sigilli anche sulle scuole di Crétaz.

Sulla misura a carico dei tre soci dell’impresa, tra il dicembre 2018 e il dicembre 2019, si esprime per due volte il Tribunale del Riesame di Torino. La prima lo fa per negare la richiesta di revoca degli arresti depositata dagli indagati, mentre la seconda respinge l’istanza della Procura che aveva ribadito la sua richiesta originaria (non accolta dal Gip), cioè la detenzione in carcere per i tre, che restano così ai “domiciliari”.

L’ingegnere Corrado Trasino, invece, risponde al Gip in novembre e, il 3 dicembre 2018, resta per due ore a “tu per tu” con il pm. La sua posizione è rilevante agli occhi degli inquirenti, che lo considerano, assieme a Chiavazza, il “motore della macchina criminale” avviatasi a Valtournenche. Si scopre anche, in quella circostanza, che la Procura aveva chiesto di arrestare il libero professionista, ma il Gip non aveva acconsentito, propendendo per la misura meno afflittiva poi scattata.

Il sequestro del “Rocce Nere”

Quando manca poco alla metà di aprile 2019, l’inchiesta si arricchisce di un altro capitolo. E’ relativo al bar “Rocce Nere”, sulle piste di Cervinia. Gli inquirenti lo ritengono un abuso edilizio, frutto di un “patto corruttivo” tra l’allora funzionario Chiavazza e il presidente dell’epoca della Cervino Spa (proprietaria dell’immobile), Federico Maquignaz. Per entrambi si aggiunge questa contestazione.

Il locale viene sequestrato, ma in seguito ad istanza difensiva ne viene consentita la riapertura al pubblico. Sul registro degli indagati vengono iscritti il direttore dei lavori, nonché i legali rappresentanti dell’impresa appaltatrice e di due ditte subappaltatrici. Per tutti, l’ipotesi è di aver violato le norme del testo unico in materia di edilizia, per aver eseguito l’opera “senza i necessari titoli abilitativi”.

Chiusa l’inchiesta, Chiavazza scarcerato

Nel maggio 2019, vengono chiuse le indagini preliminari. Scadono anche i termini della custodia preventiva e Fabio Chiavazza lascia il carcere dopo sei mesi trascorsi in cella, senza aver mai risposto ad alcuna domanda di chi ha investigato su di lui. Sono, in tutto, diciotto gli indagati che ricevono l’avviso di conclusione dell’inchiesta, rientranti in vari filoni, in prevalenza accomunati dal “pilotaggio” dell’attribuzione dei lavori e degli incarichi pubblici.

La richiesta di rinvio a giudizio

E’ il luglio 2019 quando la Procura chiede il processo per le 18 persone coinvolte nell’indagine. L’udienza preliminare viene convocata per il 4 dicembre ed il Comune di Valtournenche decide che si costituirà parte civile. L’appuntamento di fine anno vede una richiesta di trascrizione di intercettazioni, con il Gup che attribuisce la relativa perizia e rinvia il procedimento, dando agli esperti i tempi tecnici per procedere.

L’udienza preliminare “a singhiozzo”

Nel 2020, il processo vede più rinvii, sia per l’emergenza Covid (che, ad inizio anno, fa sospendere l’attività giudiziaria), sia per uno “sciopero” dei difensori. Si entra nel vivo del processo il 23 febbraio 2021, quando 15 imputati (tutti, tranne i tre soci “Edilvu”) scelgono di essere giudicati con il rito abbreviato.

All’udienza successiva, il 10 maggio, Chiavazza esce dal silenzio e rende dichiarazioni spontanee, per circa tre ore, al Gup. L’ex funzionario comunale, secondo il suo difensore Anna Rossomando, ha “chiarito bene la sua posizione, spiegando tutte le procedure osservate dal punto di vista amministrativo”, sottolineando “di aver agito sempre in buona fede e correttamente”.

Accusa e difesa

Le udienze si susseguono. Il 27 maggio, il pm Ceccanti avanza le richieste di pena per gli imputati. La più elevata, 7 anni e 4 mesi, riguarda Chiavazza. Le arringhe dei numerosi avvocati, che respingono gli addebiti mossi ai loro clienti, si protraggono fino al 14 giugno e nell’ultima, il 22 giugno, la difesa Chiavazza parla per circa sei ore, sostenendo l’assenza di irregolarità a carico dell’imputato.

La sentenza di primo grado

E’ il 28 giugno 2021, quando il giudice Davide Paladino legge la sentenza di primo grado. Il “sistema corruttivo” viene riconosciuto in alcune gare ed incarichi del comune ed in ambito Anas, per cui vengono condannati cinque imputati, ma non nella realizzazione del bar “Rocce Nere” e in altri episodi dell’inchiesta, con l’assoluzione delle altre dieci persone a giudizio.

A Fabio Chiavazza vengono inflitti 6 anni di reclusione. All’ingegnere Corrado Trasino e al funzionario Anas Adriano Passalenti 8 mesi di reclusione ognuno, mentre la pena per i liberi professionisti Andrea Benincasa di Caravacio e Stefano Rossi è di 4 mesi di carcere ciascuno. Per Trasino, ed altri coinvolti in più capi d’imputazione, vengono pronunciate anche delle assoluzioni.

Per tutti gli altri imputati, il giudice decide per l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Si tratta: dell’impresario Nicolò Bertini, dell’ingegnere Giuseppe Zinghinì, della dipendente comunale a Valtournenche Cristina Camaschella, dell’ex presidente della “Cervino Spa” Federico Maquignaz, dell’architetto Ezio Alliod, dell’architetto Marco Zavattaro, dell’amministratore unico della “Ivies” Enrico Giovanni Vigna, della “Edilvi Costruzioni” Ivan Voyat e della “Chenevier SpA” Luca Frutaz, nonché dell’artigiano Stefano Trussardi. I tre soci della “Edilvu”, infine, vengono rinviati a giudizio: affronteranno quindi il processo con rito ordinario.

Secondo il Gup Paladino, che deposita le motivazioni del verdetto del rito abbreviato il 10 novembre 2021, i bonifici effettuati dai soci della Edilvu all’azienda riconducibile a Chiavazza erano una “remunerazione per il reiterato compimento di atti contrari ai propri doveri d’ufficio”, con il funzionario ad utilizzare una società “da lui di fatto amministrata e tenuta artificialmente in vita, per mascherare la ricezione di tangenti da parte di imprenditori concussi o a lui compiacenti”.

Il processo con rito ordinario

Rinviati a giudizio al termine dell’udienza preliminare, i tre soci della impresa Edilvu (Loreno Vuillermin, Ivan Vuillermin e Renza Dondeynaz) affrontano il dibattimento ordinario, accusati di corruzione, dal 6 ottobre 2021. La prima udienza è dedicata ai testimoni citati dall’accusa (tra i quali l’ex segretario comunale Cristina Machet), mentre quella successiva, l’8 novembre, serve per sentire i testi delle parti civili e delle difese. Il processo è destinato a durare fino alla primavera successiva, concludendosi il 2 marzo 2022, con la condanna a 7 anni di ognuno degli imputati.

L’appello a Torino

Nell’estate 2023, innescato dai ricorsi degli imputati condannati e da quello della Procura di Aosta nei confronti degli assolti, prende il via il processo di secondo grado. Il sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo chiede le conferme delle condanne di primo grado, nonché la pronuncia di colpevolezza per gli imputati assolti dal Gup di Aosta. La sentenza viene letta dai giudici della quarta Sezione poco dopo mezzogiorno il 18 luglio e “cassa” quel che resta della tesi inquirente: tutti gli imputati (coloro che avevano scelto l’abbreviato vengono raggruppati ai tre soci Edilvu) vengono assolti. Le motivazioni sono attese entro 90 giorni dal deposito.

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