“Fratelli coltelli”. La sinistra valdostana e l’arte di separarsi

Cosa resta della sinistra valdostana dopo la rottura del Progetto civico progressista? L'aria tra le parti - Pd, Rete civica e VdA aperta - resta tesa, mentre le Regionali si avvicinano. E allora? C'è da aspettarsi un "chacun pour soi" o un ennesimo sforzo unitario, storicamente affondato in fretta?
Sinistra vda
Politica

Sembra passata un’era geologica dalle Elezioni regionali del 2020. In quei giorni di settembre, il 20 e 21, eravamo in piena pandemia – o meglio nella seconda ondata – e a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte. A Washington mancavano quattro mesi alla fine della prima presidenza Trump e in Valle d’Aosta la sinistra si era presentata unita all’appuntamento elettorale.

Non solo, perché il Progetto civico progressista – figlio dell’allora sforzo unitario di Rete civica, Partito democratico ed Europa verde – era riuscito nell’impresa di piazzare ben sette consiglieri regionali. Sette, proprio come l’Union valdôtaine pre-réunie. I voti erano stati 10.106, il 15,25 per cento netto.

La presentazione del Progetto Civico Progressista

In ordine di preferenza, entravano così in piazza Deffeyes Alberto Bertin, Chiara Minelli, Jean-Pierre Guichardaz, Antonino Malacrinò, Erika Guichardaz, Andrea Padovani e Paolo Cretier. Se nel maggio 2021 Pcp pensava quasi di strutturarsi – con Pd e consiglieri regionali a frenaread ottobre la magia era già finita e si consumava la rottura: Minelli ed Erika Guichardaz uscivano dalla maggioranza sbattendo la porta, la prima lasciando anche (già nel maggio ’21) l’Assessorato ai Trasporti.

Le due consigliere, ora in opposizione, si tenevano così il nome “Pcp” parlando di una “narrazione sbagliata” sulla loro uscita dalla maggioranza. I cinque colleghi – con i dem a definire “non accettabile” l’indicazione dell’Assemblea Pcp di uscire dalla maggioranza iregionale – formavano invece il gruppo consiliare Federalisti progressisti – Partito democratico, su invito “caloroso” del Tavolo di coordinamento Pcp.

Gli animi restavano comunque inquieti, ed il neonato gruppo Fp-Pd diffidava così le ex compagne di viaggio dall’uso, in Aula, della denominazione e del simbolo di Pcp “per il rispetto, che non deve mai venire meno, della storia comune”. Poi, arriverà anche la diffida formale da parte del Pd.

Simbolo che, comunque, cambierà:

 

Il mese prima, nel settembre 2021, la guerra era già aperta. Il Partito democratico lo diceva chiaro e tondo, parlando proprio del Progetto civico progressista: “Oggi quell’iniziativa è naufragata”. I dem, all’epoca, erano guidati pro tempore dal commissario Umberto D’Ottavio, subentrato al vertice del Pd valdostano dopo le dimissioni di Sara Timpano arrivate dopo un percorso ad ostacoli, tra voci di espulsioni e ricorsi agli avvocati.

Stracci volati e diverse le separazioni tra i dem sui quali torneremo però dopo. Il punto è un altro: dopo il divorzio dentro al Progetto civico progressista, nelle scorse settimane abbiamo assistito ad una nuova rottura tutta interna a Pcp. Quella, cioè, del “voto disgiunto” sul referendum confermativo sulla propria proposta di legge da parte delle due consigliere che compongono il gruppo: Minelli ed Erika Guichardaz. Un Pcp diviso quindi sulla propria riforma.

Un passo indietro: le Elezioni europee

Che le pedine si stiano già spostando sul campo, in attesa che parta ufficialmente la campagna elettorale delle Regionali, è un dato di fatto. Un assaggio dell’aria che tira a sinistra l’abbiamo però avuto già nell’estate del 2024, con le Elezioni europee.

In quel caso, la sinistra valdostana era riuscita a proporre ben tre candidati diversi di area affine. Due, addirittura, a rischiare di “mangiarsi” voti direttamente nella stessa lista. Il Partito democratico aveva deciso di mettere in campo l’ex sindaco di Aosta Fulvio Centoz. Ma spostandosi più a sinistra il nuovo scisma esisteva già nei fatti.

Pulz Glarey e Déjanaz
Pulz Glarey e Déjanaz

Sotto il cappello di Avs – l’Alleanza Verdi Sinistra – i candidati erano infatti due: la consigliera regionale Chiara Minelli e Andrea John Déjanaz. La prima in quota Rete civica, con l’appoggio di Europa Verde. Sostegno consacrato dall’arrivo in Valle del portavoce nazionale, il deputato Angelo Bonelli.

Da sx Bonelli Minelli e Kratter
Da sx Bonelli Minelli e Kratter

Il secondo, spinto invece da quella Valle d’Aosta aperta alleata a sua volta con l’altra “anima” ancora di Avs: la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni. Questione nella questione: nella coalizione VdA aperta c’è anche il MoVimento 5 Stelle che per un posto a Strasburgo candidava invece Maria Angela Danzì, eurodeputata uscente.

Pd meno Ad uguale?

Raimondo Donzel e Erika Guichardaz
Raimondo Donzel e Erika Guichardaz (Area Democratica)

La vicenda è nota. Non corre certo buon sangue tra il Pd valdostano e Area democratica – Gauche autonomiste, nata come associazione tutta interna ai dem e ormai distantissima dall’ex partito di appartenenza.

A guidare Ad ci sono diversi ex, a partire dai coordinatori Raimondo Donzel – che del Pd VdA è stato segretario, ed in quota già consigliere e assessore regionale – e Carmela Fontana (nell’Aula di piazza Deffeyes dal 2006, quando subentrò a Roberto Nicco diventato a sua volta deputato, e fino al 2018), passando per la stessa Erika Guichardaz.

L’incontro di lancio della campagna congressuale del Pd VdA

Da separati in casa a separati tout court, il passo è stato breve. Ed è stato il Congresso Pd – e la strada che portava all’appuntamento – a segnare una distanza sempre più incolmabile. Se il candidato unico, poi segretario dem, Luca Tonino diceva che “il dialogo con gli autonomisti è fondamentale” – questione ripetuta anche dall’allora commissario D’Ottavio –, la replica di Area democratica arrivava a stretto giro. E non era conciliante nei toni: annunciando il diniego a partecipare al congresso, e l’uscita de facto dal partito, una nota Ad parlava  infattidi un Pd che ignorava “palesemente gli impegni politici ed economici di collaborazione con Pcp”.

Il “buon esempio” nel Comune di Aosta? Ni

La Giunta comunale di Aosta

Se a livello regionale volano gli stracci ancora oggi, la situazione al Comune di Aosta sembrava diversa. E l’uso dell’imperfetto non è certo un caso. Lì, le “anime” di Pcp convivevano mansuete, almeno viste dall’esterno, sia tra di loro sia nei rapporti con la Giunta Nuti. La crisi politica, si diceva, non sembrava toccare il Consiglio cittadino. Un niveau différent, insomma, di cui il Pd nostrano si compiaceva.

Tutto è cambiato con le dimissioni, per motivi personali (legati ai rispettivi impegni di lavoro), dei due consiglieri di maggioranza Gianluca Del Vescovo e Serena Del Vecchio, e l’ingresso in Aula, nel gennaio 2022, di Diego Foti e Luciano Boccazzi al loro posto. Entrambi in quota Area democratica.

I consiglieri comunali di Pcp Diego Foti e Luciano Boccazzi
I consiglieri comunali di Pcp Diego Foti e Luciano Boccazzi – Foto Twitter Comune di Aosta

È bastato aspettare il marzo 2023 per vedere i dissapori interni a Pcp sbocciare assieme alla primavera, in una sorta di “resa dei conti” che ha portato all’ultimo (fino ad ora) atto: il voto di astensione di Foti al bilancio previsionale 2025/27.

Atto “da oppositore” puro – il bilancio è l’atto politico per eccellenza di un governo –, da casseur o da insider in maggioranza. Con un ulteriore e ineditogrado di separazione”, dal momento che il collega Boccazzi ha votato invece a favore del documento finanziario.

Mettersi d’Impegno (civico)

 

A vederlo ora, il precursore di Pcp era Impegno civico. Presentatosi alle Elezioni regionali 2018 – la prima legislatura nella storia del Consiglio Valle finita anzitempo –, le sue liste raccoglievano già tutte le “correnti” di sinistra o quasi. A parte il Pd. Che, peraltro, non riuscì a rientrare nell’Aula di piazza Deffeyes con le sue sole forze.

La genesi derivava in realtà dalla legislatura precedente quando in Consiglio regionale il gruppo formato allora da Alberto Bertin (uscito da Alpe) e Andrea Padovani cambiava nome proprio in “Impegno civico” accogliendo la proposta di Risposta civica che, per evitare la raccolta firme per le Elezioni politiche, chiedeva appoggio proprio ai due consiglieri.

Alle Regionali, Impegno civico piazzava così tre eletti: Alberto Bertin, Daria Pulz e Chiara Minelli. A dicembre dello stesso anno, però, le pratiche per il divorzio erano già avviate. Il mandato esplorativo conferito ad Albert Chatrian (Alpe) per allestire un governo, dopo la mozione di sfiducia consegnata all’allora presidente Nicoletta Spelgatti, non piaceva ad Impegno civico. Per niente. Depositato l’atto, tutto era pronto per il Governo che sarebbe arrivato. Non con Chatrian alla guida, ma con Antonio Fosson in testa.

Appena prima, Impegno civico già si smarcava, ma la mozione di sfiducia costruttiva era comunque alle porte. Chatrian, dopo un incontro tra il “gruppo dei 15” e l’area a sinistra in Consiglio, spiegava che “non ci sono le condizioni per fare un accordo con Impegno Civico, c’è troppa litigiosità al loro interno”.

L'accordo tra Adu Vda e Sinistra italiana con Nicola Fratoianni
L’accordo tra Adu Vda e Sinistra italiana con Nicola Fratoianni

E qui – siamo ai primi di dicembre del 2018 – il gruppo si spacca. Bertin e Minelli andavano avanti con una proposta propria per un “governo di emergenza”, mentre Pulz si confrontava con il “gruppo allargato consiliare” di Impegno civico assieme a Jeanne Cheillon, Carola Carpinello e Alexandre Glarey (a sua volta ex di Potere al Popolo).

Nelle parole di questi ultimi tre, le divisioni che resistono oggi. Ovvero la presa d’atto, “a malincuore e loro malgrado, dell’accanimento con cui una parte di Impegno civico, capeggiata da Elio Riccarand, continua a tentare di entrare in maggioranza con chiunque”.

Quindi, prima la spaccatura si conclama: “Noi resteremo Impegno Civico – dicevano –. Gli altri, se andranno al governo, possono anche chiamarsi in un altro modo”. Poi la scissione si consuma. E senza bisogno che nessuno andasse al governo, peraltro. Ad ogni modo, il nome di Impegno civico sparirà del tutto. Nessuno lo terrà con sé.

Dopo soli otto mesi dall’ingresso in Consiglio Valle, Bertin e Minelli hanno dato vita al gruppo Rete civica – Alliance citoyenne, mentre Pulz – che si era allontanata anche fisicamente dal posto in Aula vicino agli ormai ex colleghi – fondava Adu VdA – Ambiente diritti uguaglianza in Valle d’Aosta.

Le Comunali di Aosta 2020, la sinistra in ordine sparso

Il progetto civico progressista

Prima di arrivare a oggi, all’odierno Pcp, un passaggio lo meritano anche le Elezioni comunali di Aosta del 2020. Già nel 2015 le parti erano andate in ordine sparso. Il Pd – che esprimeva il candidato poi diventato sindaco Fulvio Centoz – era andato per le sue in compagnia di Uv, Stella Alpina e la fu Creare VdA dell’ex Pdl Paron.

Così, in opposizione si ritrovavano Alpe – con il ticket Sartore/Lamastra, entrambi poi in Rete civica – e la new entry L’Altra Valle d’Aosta. Erede di quella Sinistra per la città che nel 2010 aveva visto eletto Paolo Momigliano Levi, L’Altra Valle d’Aosta riesce a far eleggere nell’Aula di piazza Chanoux la sola Carola Carpinello.

Cinque anni dopo, l’esperienza della lista confluisce direttamente in Adu che sarà però esclusa dalle Comunali 2020, così come dalle Regionali.

In quest’ultima tornata per il Comune di Aosta, i candidati di sinistrao appoggiati dalla sinistrasono ben tre: il futuro sindaco Gianni Nuti (che ha in coalizione proprio Pcp, oltre a Uv e Alliance), il Partito comunista italiano con il candidato Francesco Statti e Potere al Popolo con Bruno Trentin.

Alla fine, al ballottaggio andrà Nuti. Nella sfida contro Giovanni Girardini Adu non fa nomi ma invita la sua base a “votare per le forze progressiste e di sinistra”. Poi si decide e indica ai suoi il ticket Nuti/Borre. Dopo averci pensato un po’ su, anche Potere al Popolo chiede di sostenere Nuti, mentre il Pci dice: “Non diamo indicazioni di voto, siamo lontani dai programmi di entrambi”. Spiegando come in questa tornata non ci fosse stata una “sinistra”. Piuttosto, anzi, un “centrosinistra”.

Un’occhiata al qui e ora

Consiglio Regionale
Consiglio Regionale

Ciò che la politica allontana, le elezioni avvicinano. Quindi, ciò che hanno in animo i vari “pezzi” di sinistra valdostana per i prossimi appuntamenti elettorali resta un mistero. Anche perché, ad oggi, segnali di distensione non ce ne sono stati. E trovarne sembra molto complicato.

Non ha certo aiutato l’approvazione in Consiglio Valle dell’Election day, passato anche con i voti di Fp-Pd ma bocciato da Pcp. Così come non aiutano i (quasi) quotidiani scambi di cortesie, via comunicato stampa o post social, tra Pd, Rete civica e VdA aperta nel suo insieme. O, a turno, in una delle sue componenti.

Il tempo non manca, ma le vecchie ruggini – dovute forse anche ad un ricambio dei dirigenti lento, quando non proprio inesistente – restano. E questa volta potrebbe non bastare neanche, oppure non interessare più, la retorica del pericolo diconsegnare la Valle d’Aosta in mano alle destre”.

Un tema che, nonostante la vittoria di Meloni alle Europee anche in Valle d’Aosta nell’ultimo appuntamento (ad oggi) con le urne, ovvero le Europee, aveva in realtà funzionato, con il Pd giusto alle spalle di Fratelli d’Italia e con l’Alleanza Verdi Sinistra proprio al seguito.

La domanda però resta, e ognuno dovrà farsi i conti in tasca. Divise, le variegate parti della sinistra valdostana hanno i numeri per entrare in Consiglio regionale? O in piazza Chanoux? E li hanno, magari, anche per contare concretamente? Anche senza sedersi da soli nella “stanza dei bottoni”, ma con un certo peso specifico?

Oppure, può funzionare – e ancora per quanto tempo – una ennesima alleanza pro tempore, che finisce però regolarmente a pesci in facciaalla prima occasione? Perché alla fine si sa – e lo diceva l’attrice di origine ungherese Zsa Zsa Gábor dall’alto dei suoi sette divorzi e un annullamento – che in fondo il matrimonio è il primo passo verso il divorzio.

Una risposta

  1. Scritto in collaborazione con il Consigliere di Maggioranza che il 27/02 u.s. ha dichiarato in adunanza pubblica di assumere solo l’allupinolo (allopurinolo) e di non aver bisogno di pillole blu,
    ignorando, peraltro, gli effetti dell’antigottoso sulla libido? 😂
    Scherzi a parte, quando il cemento di una coalizione non è rappresentato solo dagli interessi – spesso personali – ma anche dai principi, è normale che ci siano divisioni. Comunque il nostro è un sistema elettorale proporzionale, per cui è anche utile conoscere prima come la pensano i diversi schieramenti.

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